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Il Risveglio
Pentecostale
in Italia |
di Roberto
Bracco
Capitolo 3:
Persecuzione
1. Prefazione
2. Le
tre circolari Ministeriali contro il Movimento
3. I
frutti benedetti della persecuzione
1. Prefazione
La persecuzione,
nel senso completo di questa parola, ha duramente
provato l'Opera pentecostale in Italia negli anni dal
1935 al 1943.
Anche
precedentemente e successivamente a questo
lungo periodo non sono mancati atti di
intolleranza ed episodi isolati di
persecuzione, ma il fenomeno ha raggiunto i
più alti gradi di drammaticità e il più
accentuato aspetto di estensione soltanto
negli anni suddetti.
Questa
circostanza storica rappresenta un'ulteriore
dimostrazione della solida esistenza del Movimento
pentecostale all'epoca precedente la seconda guerra
mondiale.
Le autorità
governative non avrebbero messe in azione le loro
severe misure repressive se non avessero saputo dell'esistenza,
per loro temibile, di un numeroso popolo cristiano
traboccante di aggressiva spiritualità.
L'inizio
ufficiale della persecuzione avvenne con la revoca
del decreto di nomina del pastore della comunità di
Roma.
Questo
provvedimento non soltanto toglieva il diritto di
esercitare liberamente l'attività religiosa
nella capitale, ma poneva tutte le chiese d'Italia
in uno stato di illegittimità.
Non dobbiamo dimenticare,
infatti, che il Movimento non aveva mai ricevuto
un riconoscimento giuridico, da parte delle
autorità, e che quindi la sua tutela era
rappresentata da quell'unico decreto di nomina
concesso al fratello Ettore
Strappaveccia
che a quell'epoca presiedeva la già numerosa
chiesa di Roma.
Con la revoca del decreto
fu formulata una severa diffida: i locali di
culto dovevano essere chiusi e tutte le attività
dovevano essere sospese. |
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Perché
queste disposizioni potessero essere attuate in
profondità il Ministero degli Interni diramò a lunga
distanza tre diverse circolari di
legge ai Prefetti, ai Questori e a tutte le autorità P.S.
2. Le
tre circolari Ministeriali contro il Movimento
La
prima, che è rimasta tristemente famosa, portava la
data del 9-4-1935
Essa
ordinava non soltanto lo scioglimento delle
comunità e la chiusura dei locali di culto, ma
anche l'energica repressione "di tutte le
riunioni o manifestazioni, tenute in qualsiasi
modo o forma".
Queste disposizioni, nelle mani
dei troppo zelanti tutori dell'ordine, rappresentavano la
negazione di qualsiasi libertà religiosa per i credenti
del nostro Movimento.
In conseguenza di essa, infatti, sono scaturiti atti di
intolleranza crudele, ispirata fino al ridicolo:
alcuni
fedeli sono stati arrestati soltanto perché,
incontratisi per la via con altri fedeli, si erano
fermati per salutarli.
Altri
furono arrestati e denunciati alla Magistratura
perché si erano brevemente fermati in una ospitale
casa cristiana per riposarsi...
Alla
laconica ma drastica circolare del 1935 fecero
seguito le circolari del 22-8-1939
e 13-3-1940 che rappresentavano
un'ampia dissertazione sul Movimento pentecostale e
su altri movimenti ugualmente invisi al regime
fascista.
In
queste due lunghissime circolari il Ministero
degli Interni forniva le più dettagliate
informazioni alle autorità periferiche,
relativamente agli scopi del nostro Movimento e
quindi relativamente ai pericoli conseguenti alla
libertà di esso.
È
inutile dire che nel lungo scritto si trovavano unite
notizie fedelmente aderenti alla verità, e notizie
tendenziose, poste ad arte, allo scopo di colpire
inesorabilmente le comunità pentecostali.
Lo scopo del Ministero era
evidente: le autorità di P.S. dovevano
considerare l'Opera pentecostale un'associazione
religiosa pericolosissima e dal punto di vista
politico e dal punto di vista sociale e sanitario.
Non
credo opportuno indagare per scoprire la fonte
generatrice di questa fiera persecuzione, ma non voglio
trascurare di sottolineare una circostanza significativa:
le
tre circolari ministeriali e, quindi, i tre energici
attacchi governativi coincisero, (precedendole
brevemente) con tre date belliche: la guerra etiopica,
il conflitto anglo-francese-tedesco e la
dichiarazione di guerra dell'Italia agli alleati.
Queste
coincidenze potrebbero essere state fortuite, ma
potrebbero anche essere state volute.
Chissà
se individui o istituzioni avversi al Movimento non
abbiano, al momento opportuno, posto in evidenza alle
sospettose autorità fasciste le relazioni esistenti
fra l'Opera italiana e quella libera e feconda dei
paesi anglo-sassoni?
Il
fascismo era un regime poliziesco che aveva elevato la
diffidenza a sistema, ed era logico, perciò, che nei
periodi più difficili della propria vita politica
colpisse, senza scrupoli o discriminazioni, tutti gli
individui o tutte le associazioni sospettate.
L'Opera fu duramente
provata dal moltiplicarsi delle misure di pubblica
sicurezza, ma non fu distrutta. La persecuzione
servì soltanto a forgiare le chiese e i credenti in
una fede ardente e incrollabile e a dare loro l'opportunità
di portare e proclamare il messaggio della verità a
persone e in luoghi fino a quei giorni inaccessibili.
Nel
periodo della lotta, lo sviluppo numerico dei fedeli non
fu forse molto accentuato, ma questa apparente e
momentanea stasi fu
largamente compensata dallo sviluppo della personalità
cristiana di tutti coloro
che presero parte attiva alla grande battaglia.
Le
chiese entrarono nella persecuzione ancora deboli
ed incerte ed uscirono da essa fortificate e
sicure.
Il Movimento
italiano aveva bisogno del duro combattimento
permesso da Dio, ed esso ha
realmente e profondamente cooperato per il bene e per
l'edificazione della Chiesa che nella persecuzione ha
potuto curare la formazione cristiana che le ha
assicurato i successi che sono venuti dopo la lotta.
Tutte le comunità, benché in misura ed in
forma diversa, parteciparono la persecuzione
e se questa, ufficialmente, iniziò a Roma,
non si fermò però soltanto nella città
"dai sette colli".
I locali di culto furono chiusi nella
totalità e i conduttori delle comunità
furono diffidate più o meno severamente in
relazione allo zelo fascista delle autorità
locali.
Le repressioni delle attività dell'Opera,
che continuarono coraggiosamente benché
clandestinamente in quasi ogni località,
furono violentissime e molti furono i
figliuoli di Dio, che nel buio delle celle
carcerarie, o ammanettati fino al banco degli
imputati esperimentarono la crudeltà del
regime dittatoriale.
Alcuni cristiani soffrirono anche per anni
nelle insane prigioni d'Italia, ma moltissimi
esperimentarono almeno per alcuni mesi la
durezza di quelle celle prive di ogni
elemento sanitario e morale.
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3. I
frutti benedetti della persecuzione
Potrei
dire, quasi ricalcando le dichiarazioni dello
scrittore dell'epistola agli Ebrei, che per la fede i
cristiani di quei giorni soffrirono la fame, la
prigionia, l'esilio, gli oltraggi, le percosse, gli
arresti. Molte famiglie furono smembrate; molte
posizioni economiche e sociali furono sovvertite.
Questo
ciclone gigantesco però, non portò soltanto la
sofferenza e la lotta, ma anche la benedizione e
la potenza.
Come ho detto, non soltanto la chiesa di Roma
ha affrontato il fuoco nella persecuzione; e
se è vero che questa comunità ha avuto il
numero più elevato di arresti, di processi,
è anche vero che moltissime altre chiese d'Italia
hanno avuto comunione con queste sofferenze.
Come dimenticare, per esempio, l'arresto e l'esilio
di ambedue i conduttori della comunità
di Napoli, i fratelli Anastasio
e Pagano;
o l'arresto e l'esilio del fratello Giancaspero
che toglieva ad una larga zona della provincia
di Bari uno dei suoi più
infaticabili ministri?
O come dimenticare l'esilio del fratello Fulginiti
che con tanto ardore aveva cercato e cercava
di far risplendere la fiaccola della verità
non soltanto nella sua nativa Gasperina,
ma anche negli altri paesi della provincia di
Catanzaro?
Otto anni di lotte,
otto anni di dolore, e dalla Sicilia al Piemonte
tennero impegnate, fino all'ultimo, le fratellanze d'Italia.
Sì,
fino all'ultimo, perché alla caduta del regime
fascista, avvenuta sostanzialmente il 19 luglio
1943, molti erano i fratelli che si trovavano
imprigionati a motivo della fede cristiana.
Fra questi voglio ricordare il fratello U.N.
Gorietti e il fratello L.
Arcangeli,
trattenuti in attesa dell'esecuzione di un
provvedimento di P.S. che li avrebbe condotti
quasi certamente all'esilio.
Ma
la lotta della persecuzione, come ho
ripetutamente affermato non riusci ad arrestare
il progresso dell'Opera. Nessuna comunità fu
dissipata, anzi alcune furono fondate per la
testimonianza degli esiliati o dei rimpatriati.
La
Parola di Dio fu portata in località
inaccessibili, predicata nelle prigioni, fu
proclamata ai magistrati e alle autorità di
pubblica sicurezza.
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I fratelli d'Italia
affrontarono soli quest'immane battaglia perché, oltre
al raro conforto di qualche lettera isolata, non ebbero
la possibilità di ricevere altro conforto morale o
spirituale dall'esterno. Nella loro solitudine, o
piuttosto nel loro isolamento, realizzarono, come forse
mai nel passato, l'assistenza dello Spirito di Dio che li
rese lungamente vincitori in ogni contrarietà.
Anche la persecuzione, quindi, è
servita, oltretutto, a dimostrare che il risveglio
pentecostale rappresenta, in modo assoluto, l'Opera dello
Spirito Santo che sa agire attraverso la strumentalità
degli uomini, ma che può anche operare ignorando
completamente il contributo degli uomini.
Non possiamo,
considerando la testimonianza del risveglio pentecostale
in Italia, ignorare il lungo periodo della persecuzione
perché esso ci parla eloquentemente della sapienza e
della potenza dell'Artefice di quest'opera meravigliosa.
RIASSUMENDO:
La persecuzione ha duramente provato l'Opera
pentecostale in Italia negli anni dal 1935 al
1943, anche se, sia precedentemente che
successivamente a questo lungo periodo, non sono
mancati atti di intolleranza ed episodi isolati
di persecuzione.
L'inizio ufficiale della persecuzione avvenne con
la revoca del decreto di nomina del pastore della
comunità di Roma.
Questo provvedimento non soltanto toglieva il
diritto di esercitare liberamente l'attività
religiosa nella capitale, ma poneva tutte le
chiese d'Italia in uno stato di illegittimità,
poichè il Movimento non aveva mai ricevuto un
riconoscimento giuridico e, quindi, la sua tutela
era rappresentata da quell'unico decreto di
nomina concesso al fratello Ettore Strappaveccia
che a quell'epoca presiedeva la già numerosa
chiesa di Roma.
Con la revoca del decreto fu formulata una severa
diffida: i locali di culto dovevano essere chiusi
e tutte le attività dovevano essere sospese.
Perché queste disposizioni potessero essere
attuate in profondità il Ministero degli Interni
diramò a lunga distanza tre diverse circolari di
legge ai Prefetti, ai Questori e a tutte le
autorità P.S.
Queste disposizioni rappresentarono la negazione
di qualsiasi libertà religiosa per i credenti
del nostro Movimento e furono seguite da atti di
intolleranza crudele.
Lo scopo del Ministero era evidente: le autorità
di P.S. dovevano considerare l'Opera pentecostale
un'associazione religiosa pericolosissima e dal
punto di vista politico e dal punto di vista
sociale e sanitario.
L'Opera fu duramente provata dal moltiplicarsi
delle misure di pubblica sicurezza, ma non fu
distrutta. La persecuzione servì soltanto a
forgiare le chiese e i credenti in una fede
ardente e incrollabile e a dare loro l'opportunità
di portare e proclamare il messaggio della
verità a persone e in luoghi fino a quei giorni
inaccessibili.
Nel periodo della lotta, lo sviluppo numerico dei
fedeli non fu forse molto accentuato, ma questa
apparente e momentanea stasi fu largamente
compensata dallo sviluppo della personalità
cristiana di tutti coloro che presero parte
attiva alla grande battaglia.
Le chiese entrarono nella persecuzione ancora
deboli ed incerte ed uscirono da essa fortificate
e sicure.
Potrei dire, quasi ricalcando le dichiarazioni
dello scrittore dell'epistola agli Ebrei, che per
la fede i cristiani di quei giorni soffrirono la
fame, la prigionia, l'esilio, gli oltraggi, le
percosse, gli arresti. Molte famiglie furono
smembrate; molte posizioni economiche e sociali
furono sovvertite.
Questo ciclone gigantesco però, non portò
soltanto la sofferenza e la lotta, ma anche la
benedizione e la potenza.
Otto anni di lotte, otto anni di dolore, e dalla
Sicilia al Piemonte tennero impegnate, fino all'ultimo,
le fratellanze d'Italia.
I fratelli d'Italia affrontarono soli quest'immane
battaglia perché, oltre al raro conforto di
qualche lettera isolata, non ebbero la
possibilità di ricevere altro conforto morale o
spirituale dall'esterno. Nella loro solitudine, o
piuttosto nel loro isolamento, realizzarono, come
forse mai nel passato, l'assistenza dello Spirito
di Dio che li rese lungamente vincitori in ogni
contrarietà.
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